Ma, possiamo davvero fidarci di questa app? È uno strumento rivoluzionario o si tratta di un sistema troppo semplificato? Scopriamolo assieme!
Lanciata in Francia nel 2017 da Benoît Martin, Julie Chapon e François Martin, Yuka ha conquistato oltre 40 milioni di utenti nel mondo, con un successo straordinario in Francia, Spagna e Italia. Il motivo? Semplicità e trasparenza.
L’algoritmo di Yuka assegna un punteggio su base 100 a ciascun prodotto ed utilizza anche un sistema a semaforo per segnalare la qualità del prodotto:
- Verde: ottimo
- Arancione: mediocre
- Rosso: da evitare
Per quanto riguarda gli alimenti vediamo cosa analizza e come è strutturato il punteggio:
- 60% è impostato sulla qualità nutrizionale – basata sul sistema Nutri-Score europeo.
- 30% è impostato sugli additivi – classificati in base alla loro sicurezza secondo gli studi scientifici.
- 10% è impostato sulla certificazione biologica – i “prodotti bio” ottengono un bonus.
E per i cosmetici quali sono gli ingredienti sotto la lente: in questo caso Yuka esamina e segnala sostanze potenzialmente allergeniche, irritanti o nocive e se un prodotto ha una valutazione negativa, suggerisce alternative più salutari.
Gli sviluppatori di Yuka dichiarano fortemente la loro indipendenza dal mercato non accettando pubblicità né finanziamenti dalle aziende, dichiarando di sostenersi soltanto con gli abbonamenti premium e le donazioni, proprio per garantire una valutazione senza pressioni commerciali e, fin qui, tutto perfetto!
Ma ci sono delle criticità da prendere in considerazione e nonostante la sua utilità, Yuka non è priva di difetti.
Tanto per cominciare l’uso del sistema a semaforo non tiene conto del contesto, ad esempio un prodotto con grassi o zuccheri può avere un punteggio basso, anche se, inserito in una dieta equilibrata non rappresenta un rischio. È il caso dell’olio extravergine d’oliva che riceve un punteggio basso perché ricco di grassi, ma si tratta di grassi sani o come quello delle bibite zero zuccheri, che ricevono un punteggio più alto nonostante la presenza di dolcificanti artificiali.
Un prodotto con un buon punteggio non significa che sia automaticamente “salutare“, così come un cattivo punteggio non rende il prodotto nocivo e da evitare a tutti i costi.
Inoltre, affidarsi ciecamente ad una app per decidere cosa mangiare può portare a comportamenti estremi, come l’ortoressia la cosiddetta l’ossessione per il cibo sano.
Comunque le aziende hanno iniziato a modificare le ricette dei loro prodotti, per ottenere punteggi migliori su Yuka e se da un lato la presenza dell’app ha portato ad una riduzione degli additivi più controversi, dall’altro esiste il rischio che le aziende puntino di più sull’ottimizzazione del prodotto all’algoritmo, piuttosto che sul reale miglioramento della qualità del prodotto stesso.
Alcuni esperti, poi, criticano Yuka perché si basa solo su studi che supportano il suo modello di sviluppo, senza considerare ricerche con interpretazioni differenti.
In ogni caso, Yuka ha acceso i riflettori sulla necessità di maggiore trasparenza nelle etichette a corredo dei prodotti ed in futuro potremmo assistere all’introduzione di nuovi sistemi di classificazione più completi.
La nostra considerazione su Yuka è che si tratta di uno strumento utile ma non infallibile e comunque perfettibile. Per usarla al meglio non bisogna badare solo sui punteggi del singolo prodotto, ma considerare anche l’intero contesto nutrizionale in cui quel prodotto è inserito e comunque si deve evitare di farne un uso ossessivo perché nessuna app può sostituire il buon senso.
In definitiva, l’app Yuka è una preziosa alleata, ma il miglior giudizio rimane sempre quello del consumatore informato e consapevole.