La cartella esattoriale si intende, quindi, prescritta quando scade la propria efficacia, perde la qualità di Titolo Esecutivo e non può più essere portata all’incasso.
Trascorso un certo periodo dalla notifica al contribuente della cartella esattoriale, non avendo effettuato il pagamento, il diritto alla riscossione si prescrive. Ovviamente nel momento in cui L’Agenzia delle Entrate notifica un qualsiasi atto interruttivo, come un sollecito di pagamento delle cartelle notificate, tale termine scade e la prescrizione riparte daccapo.
Non molti verificano, nell’analisi di una cartella esattoriale, che oltre alla prescrizione della cartella, esiste anche l’istituto della “Decadenza”.
La Decadenza, infatti, è il termine entro il quale il “Creditore” deve effettuare la notifica dell’Atto Esecutivo. Vediamolo con un esempio:
L’Agenzia delle Entrate ha 5 (cinque) anni per emettere un avviso di accertamento IRPEF al contribuente. Se la notifica dell’atto avviene dopo tale periodo, Il diritto dell’Agenzia è decaduto. Qualora, notificato correttamente nei termini e scaduto il diritto del contribuente per pagare oppure porre opposizione, l’Agenzia deve creare il “Ruolo” da inviare all’Agenzia delle Entrate-Riscossione entro due anni. Infine, l’Agenzia delle Entrate Riscossione entro due anni dal Ruolo, deve notificare la cartella esattoriale. Il mancato rispetto di questi termini determina la decadenza alla riscossione del tributo. La Decadenza dovrà essere esercitata mediante ricorso e mai e poi mai avviane in maniera automatica.
Ritornando alla prescrizione, l’Agenzia delle Entrate Riscossione può interrompere la prescrizione attraverso vari atti che manifestano la volontà di riscuotere il credito; tra i più comuni sono:
- la notifica della cartella esattoriale;
- la notifica della intimazione di pagamento, atto con cui l’ADR da nuovamente un termine limitato per effettuare il pagamento;
- la notifica del preavviso di fermo amministrativo;
- atto di pignoramento, che il tipico atto esecutivo (pignoramento dello stipendio, del conto corrente…);
- L’iscrizione di Ipoteca su beni immobili.
La prescrizione, infine, ha una tempistica diversa in base al tipo di debito:
- Tributi erariali: i debiti relativi a IRPEF, IVA e altri tributi erariali si prescrivono in 10 anni.
- Tributi locali: i debiti per IMU, TARI e altri tributi locali si prescrivono in 5 anni.
- Contributi previdenziali: i contributi INPS e INAIL si prescrivono in 5 anni.
Ecco sinteticamente il termine per le principali imposte:
- Irpef: 10 anni;
- Iva: 10 anni;
- Ires: 10 anni;
- Irap: 10 anni:
- Imposta di bollo: 10 anni;
- Imposta di registro: 10 anni;
- Contributi Camere di Commercio: 10 anni;
- Tosap: 10 anni;
- Imu: 5 anni;
- Tasi: 5 anni;
- Tari: 5 anni;
- Contributi Inps: 5 anni;
- Contributi Inail: 5 anni;
- Contravvenzioni stradali (cosiddette multe stradali): 5 anni;
- Sanzioni amministrative: 5 anni;
- Bollo auto: 3 anni;
- Imposta catastale: 10 anni;
- Imposta sugli apparecchi audiovisivi (Canone RAI): 10 anni.
Dal 01/01/2025 la prescrizione della cartella esattoriale deve determinare automaticamente la cancellazione della stessa.
Ciò comporta che il contribuente non dovrebbe porre in essere alcuna attività o adempimento per garantire che il credito non sia più contestato dall’amministrazione finanziaria.
La prescrizione delle cartelle esattoriali rappresenta una protezione legale importante per i contribuenti, offrendo un meccanismo per annullare debiti non esigibili.