Il sacrificio di lavorare in cucina? Si supera con la passione. La difficoltà di non godersi giornate di festa o serate in famiglia? Viene ripagata con la soddisfazione di chi applaude ai tuoi piatti. Se a tutto questo aggiungi la creatività e la fantasia, il mestiere di chef diventa un’arte personalizzata, un vestito che ti cuci addosso a tuo piacere, per stare bene con sè stessi e senza farsi condizionare da giudizi esterni o dalla fatica. La redazione di Life and News ha incontrato lo chef napoletano Pino Nuzzo, non solo per parlare di ricette, gusti o incroci dei sapori, ma anche per una riflessione sul futuro di questo lavoro antico che si evolve e resiste ai tempi, cresce anche sotto l’aspetto mediatico nello stesso tempo ha sempre bisogno della mano dell’ uomo. Quindi un lavoro, che in questa epoca di progresso tecnologico, non ha bisogno dell’intelligenza artificiale, come ci conferma lo chef Nuzzo, “ma della creatività e passione umana. Un robot non potrà mai assaggiare, intuire e trovare la giusta combinazione”
Incontrare il gusto e il palato del cliente, incrociare i sapori, allietare i momenti conviviali dall’antipasto al caffè è un percorso che può essere solo umanizzato e non richiede robotica, computer o altro. Forse le piattaforme dell’AI potranno essere una risorsa potente per affrontare le sfide del futuro come sostenibilità, precisione e innovazione, accellerare processi con macchine più evolute, ma non sostituiranno mai il cuore, l’esperienza e il “tocco umano” che rendono unica la cucina di uno chef. Le sue mani sapienti sanno cosa fare e come fare.
E’ una vera e propria arte che Pino Nuzzo racconta anche sulle pagine del suo sito, dove trasmette amore e passione per la cucina, nella sua biografia, nelle sue esperienze passate e nei percorsi che lo hanno portato anche a premi e riconoscimenti del settore: “Per me, la cucina è un’arte che va interpretata…. Mi reinvento ogni giorno per stupire i miei ospiti. Ciò non vuol dire rincorrere gli altri, ma ricercare nella nostra tradizione i giusti abbinamenti.”
Ma l’incontro del nostro magazine con lo chef Nuzzo ci porta anche ad una riflessione sulle nuove generazioni, troppo distratte o passive e poco propense a guardarsi intorno per un giusto approccio agli sbocchi occupazionali che oggi mette a disposizione il settore della ristorazione e turistico-alberghiero. Nuzzo, oltre al suo percorso professionale nel mondo della ristorazione lavora molto nel mondo della scuola ed in particolare nei laboratori e per le esercitazioni degli studenti dell’ Istituto professionale alberghiero “Lucio Petronio” di Pozzuoli
La tua passione per questo mestiere si scontra con le distrazioni delle nuove generazioni. Cosa è cambiato?
La cucina è sempre stata un’arte che richiede dedizione, impegno e passione, una passione che oggi deve farsi strada tra mille distrazioni. I giovani spesso cercano risultati immediati mentre la cucina è pazienza sacrificio e dedizione, perché serve a far riscoprire loro il valore del lavoro artigianale, del tempo e del rispetto per le tradizioni.
La scelta di altri lavori dopo la scuola alberghiera è un dato allarmante. Manca qualcosa nel modello scolastico attuale?
Nel modello scolastico attuale, credo che mancano le ore pratiche di una volta, visto le varie riforme scolastiche degli ultimi anni si sono dimezzate le ore tecniche pratiche, quindi una vera connessione tra scuola e realtà lavorativa. Noi docenti di cucina, che dovremmo trasmettere ai ragazzi non solo le tecniche, ma anche la cultura del mestiere e la passione che lo alimenta, non c’è la si fa per il quadro orario, dove è fondamentale e importante trasmettere il valore di questa professione e le opportunità che può offrire.
Cosa significa oggi essere Chef?
Essere chef oggi significa non solo cucinare, ma anche innovare, gestire una brigata, saper comunicare e raccontare il proprio lavoro è molto più che saper cucinare, un vero chef deve essere un leader capace di trasmettere emozioni attraverso il cibo, competenze tecniche, artistiche e gestionali. Da circa 13 anni lavoro nel mondo della scuola, ma sono partito da molto lontano e mi fa piacere ricordare la mia esperienza in Sardegna, presso lo “Yacht Club” di Porto Cervo in Costa Smeralda fondato dal Principe Karim Aga Khan scomparso a febbraio scorso. Ho cucinato per lui ed è stato un onore perchè è ricordato da tutti come l’ideatore di un modello turistico vincente nel mondo. Una esperienza che mi ha fatto guardare avanti con fiducia ed entusiasmo e vorrei trasferire tutto ciò anche ai giovani.
Ci sono regole precise in cucina per la creazione di un piatto oppure è solo frutto della propria arte e fantasia?
La cucina ha le sue basi tecniche e regole, un buon chef conosce le tecniche ma sa anche quando e come romperle per creare qualcosa di unico, la fantasia e la creatività sono essenziali.
La cucina italiana può vantarsi di essere il top in Europa e nel mondo?
Assolutamente sì, la cucina italiana è amata ovunque per la sua qualità tradizione, autenticità e semplicità , basata su ingredienti di qualità e tradizioni millenarie, una delle cucine dell’eccellenza.
Cosa ne pensi della cucina tradizionale e tipica di Napoli e del Sud?
La cucina Napoletana è cuore e identità, piena di storia, sapori intensi e ingredienti genuini. Napoli e la cucina del Sud hanno regalato al mondo piatti immortali come la pizza e i sui dolci che ancora oggi emozionano chi li assaggia.
La Dieta Mediterranea va considerata sempre un punto di riferimento in ogni tipo di cucina?
Sì, certamente, è uno stile di vita più che una dieta, c’è equilibrio, qualità degli ingredienti e rispetto della stagionalità, sana, bilanciata, gustosa e rispettosa del territorio. È un punto di riferimento per la salute, un modello da seguire in ogni cucina.
La cucina ormai è diventata un modello mediatico in tv e sui social. Hai qualche programma televisivo che preferisci?
Ci sono tanti programmi interessanti che apprezzo, dove raccontano la cucina in modo coinvolgente fatta di tecnica, passione e cultura. Programmi dove si raccontano le storie dei cuochi, dei territori e dei prodotti autentici.
C’è ancora molta diffidenza nei confronti della nouvelle cuisine? Colpa dei costi oppure dell’estetica che spesso non incontra i veri sapori?
La diffidenza nasce spesso da pregiudizi, la nouvelle cuisine se ben fatta, è qualcosa che sorprende,non è solo estetica, ma attenzione al dettaglio fedele alle radici e valorizzazione dell’ingrediente, certo bisogna saperla interpretare con equilibrio.
Quali sono le difficoltà per trovare consensi con il palato del cliente?
Oggi il cliente è più informato ma anche più esigente. Le difficoltà nascono nel trovare il giusto equilibrio tra innovazione e gusto tradizionale, tra estetica e sostanza ma quando c’è passione c’è tutto.
C’è un piatto o una ricetta preferita dallo chef Pino Nuzzo? Hai personalizzato oppure battezzato in questi anni un tuo piatto?
Sì, nel corso della mia carriera ho creato e personalizzato tanti piatti che porto nel cuore. La mia cucina è tradizionale e poco revisionata, ogni ricetta per me è una forma d’espressione, un viaggio tra ricordi, tradizioni e innovazione. Non mi piace legarmi a un solo piatto, perché ogni creazione ha una sua storia e un momento speciale. Per me la cucina è viva, in continua evoluzione, e ogni piatto che realizzo è un’occasione per raccontare qualcosa di me, del mio percorso e della mia visione gastronomica utilizzando sempre prodotti a km zero e le stagionalità.
Per conoscere altri dettagli, storie personali, ricette e curiosità sullo chef Pino Nuzzo è possibile navigare nel suo sito chefpinonuzzo.it oppure sui canali social in particolare la sua pagina FB https://www.facebook.com/chefpinonuzzo
Buon appetito a tutti con arte, creatività e passione