Una pizza AI? Sì, e sta spopolando a Dubai? Lo so, suona come una boutade da Silicon Valley. Una pizza progettata da un’intelligenza artificiale? Verrebbe da pensare a roba da nerd affamati o food blogger in cerca di clic. E invece no: è tutto vero, e a Dubai — città che fa da laboratorio globale per tutto ciò che è nuovo, futuribile e iperconnesso — questa trovata gastronomica sta letteralmente spopolando.
La chiamano Pizza ChatGPT. Sì, proprio come il celebre chatbot di OpenAI che, a quanto pare, non si limita più a scrivere testi, ma ora firma anche ricette. La sua creazione è finita nel menù della catena Dodo Pizza e da lì, dritta nel cuore — e nello stomaco — di centinaia di clienti.
A Napoli, questa pizza, potrebbe ad essere ottimisti suscitare un pizzico di scetticismo. E anch’io, che con la pizza ci sono cresciuto, ho avuto il mio momento di esitazione. Ma poi ho scavato un po’ e quello che ho scoperto mi ha fatto cambiare idea. Perché dietro questa operazione c’è molto più di una semplice stramberia tecnologica. C’è un’idea precisa, e, lasciatemelo dire, anche ben cucinata.
Partiamo dalla base anzi dalla guarnizione.
Questa pizza è un mosaico di sapori internazionali: pollo speziato, paneer (il formaggio fresco indiano), cipolla, salsa tahina, prezzemolo fresco, mozzarella, un mix di spezie orientali e un filo d’olio d’oliva a legare tutto. Non male, eh?
Ad un primo sguardo può sembrare un’accozzaglia etnica senza un vero filo logico. Ma quando metti insieme le influenze culinarie di India, Medio Oriente, Europa e Nord Africa, e le amalgami in modo coerente, il risultato può sorprenderti. E qui sta il colpo di genio: trasformare la multiculturalità di Dubai in un piatto concreto, tangibile e gustabile.
È come se la città avesse trovato la sua sintesi gastronomica in una pizza. E se ci pensi, non è poi così distante dall’essenza stessa del piatto: la pizza è da sempre un contenitore democratico e inclusivo, pronto ad accogliere nuovi sapori, a patto che parlino tra loro.
Dietro le quinte, c’è la mente dello chef Spartak Arutyunyan, che lavora per Dodo Pizza, una catena con ambizioni globali. È stato lui a voler coinvolgere l’AI nella creazione di una pizza che rappresentasse la diversità culturale di Dubai.
“Qui convivono indiani, pakistani, filippini, arabi, europei… e volevo fare una pizza per tutti“, ha raccontato in un’intervista alla BBC lo chef. Non un compromesso insapore, ma una sintesi gastronomica che suonasse autentica per ciascuna di queste comunità.
Un’operazione che ha richiesto allo chef Arutyunyan una certa dose di coraggio, ma anche il voler perseguire un’idea di fondo, visto che creare un prodotto così ibrido implica uscire dai canoni tradizionali e quasi certamente rischiare di fare un clamoroso fiasco. Comunque il risultato ha smentito ogni scetticismo: la Pizza ChatGPT è diventata uno dei piatti più richiesti del menù, segno che la sfida di creare una ricetta robotica è stata vinta!
Ora, consentitemi una riflessione, troppo spesso pensiamo all’intelligenza artificiale come a qualcosa di astratto, freddo, algoritmico eppure, eccola qua: in cucina, a mescolare ingredienti ed a proporre combinazioni. Magari a sbagliare, certo, ma anche ad innovare.
L’uso dell’AI nella ristorazione non è nuovo: ci sono già algoritmi che ottimizzano le catene logistiche, che predicono i trend alimentari, che aiutano nella personalizzazione delle diete. Ma qui siamo oltre: un’intelligenza artificiale che propone una ricetta da zero, partendo da dati e suggestioni culturali.
Non sarà il nuovo Cracco, ma è, certamente, un assistente creativo instancabile, capace di generare idee fuori dagli schemi. E nel contesto giusto, come quello multiculturale e sperimentale di Dubai, può fare la differenza.
Ovviamente, non tutte le creazioni dell’AI sono andate a buon fine. Anzi. Nel processo di selezione, sono emerse ricette decisamente borderline. Tipo? “Pizza con fragole e pasta” o ancora “pizza mirtilli e cereali”. Tutte testate sul campo, cucinate, assaggiate (coraggiosi, va detto) e infine scartate.
È stato lo stesso team di Dodo Pizza a raccontarlo in un video postato sui social. Un esperimento trasparente, quasi scientifico. Ma anche un modo per dire che l’AI non è infallibile: ha bisogno di guida, di contesto, di palato umano. Ed è proprio questo il punto: l’innovazione funziona solo quando dialoga con l’esperienza.
Altro dettaglio niente affatto secondario è il prezzo: questa pizza costa solo 32 Dirham, circa 8 euro. In una città dove spesso si paga a caro prezzo anche l’aria condizionata, è un costo altamente competitivo.
Una scelta voluta, cercata, strategica. Perché rende la pizza non solo “cool”, ma anche accessibile. Un’idea inclusiva, non solo sul piano degli ingredienti, ma anche su quello economico. E questo, se permettete, è marketing intelligente, quello che sa che il vero lusso oggi è la semplicità ben fatta.
Qui apro una piccola parentesi, ma che ritengo essenziale.
Dubai è molto più di skyline avveniristici e di centri commerciali infiniti. È un osservatorio privilegiato dell’innovazione contemporanea, anche nel food. Un posto dove si sperimenta, si osa, si contaminano le tradizioni.
E la Pizza ChatGPT non poteva nascere che qui. È figlia di un ambiente che favorisce la sperimentazione, che non teme la rottura degli schemi. E in fondo, anche noi italiani, pur fieri delle nostre ricette secolari, non possiamo ignorare il valore della contaminazione. Purché fatta con rispetto e con gusto.
E allora la domanda sorge spontanea: il futuro della ristorazione passerà anche dagli algoritmi?
La risposta, probabilmente, è sì! Ma non da sola, l’AI sarà un partner creativo, uno strumento per esplorare combinazioni, per testare nuovi prodotti, per sorprendere. Ma il tocco finale — il calore umano, la cultura, il “non detto” del gusto — quello resterà nostro. Almeno finché ci sarà qualcuno che ancora crede che cucinare sia un atto d’amore, prima che di efficienza.
Nel frattempo, se ti trovi a Dubai, assaggia la Pizza ChatGPT. Non solo per il gusto, ma per la storia che racconta, e magari per capire — tra un morso e l’altro — che il futuro non è poi così lontano. Anzi è già nel piatto!