Tutto il mondo a Roma, tutto il mondo a Piazza San Pietro per il Papa degli ultimi, per il Papa che guardava ai poveri. Adesso che Capi di Stato e di Governo, autorità e istituzioni internazionali sono davanti al Vaticano per l’ultimo saluto, è l’occasione da non perdere per raccogliere il suo esempio e la sua eredità spirituale: una Chiesa per gli ultimi. E’ anche l’occasione per comprendere che le guerre sono una sconfitta, come diceva lui, e la politica deve riprendere il suo ruolo originario al servizio della gente.
Papa Francesco lascia un’impronta indelebile nella storia della Chiesa, caratterizzata da una visione radicalmente inclusiva e da un rinnovamento nel solco del Vaticano II. La sua eredità si fonda su tre pilastri: fratellanza universale, misericordia concreta e discernimento sinodale.
Una Chiesa “in uscita”, come amava dire.
Fin dall’inizio del pontificato, con il gesto simbolico di chiedere la benedizione al popolo dalla loggia di San Pietro, Francesco ha incarnato l’ecclesiologia del Concilio Vaticano II: la Chiesa come “popolo di Dio” in cammino, chiamato a servire specialmente gli ultimi. Questo approccio, radicato nella Lumen gentium, si è tradotto in una opzione preferenziale per i poveri, non come ideologia ma come imitazione di Cristo crocifisso “fuori dall’accampamento”.
Encicliche rivoluzionarie
Con Laudato si’ e Fratelli tutti, Bergoglio ha ridefinito l’agenda globale: ecologia integrale e diritto alla salute, accoglienza migranti e dialogo interreligioso diventano atti teologici, espressione del Cuore di Cristo che trasforma la società. La Lumen fidei, completando l’opera di Benedetto XVI, ha unito fede e carità, mostrando una continuità nella tradizione viva.
“Il tema della fraternita’ ha attraversato tutto il suo Pontificato con toni vibranti”. Come ha dichiarato il cardinale Giovanni Battista Re, decano del Collegio cardinalizio nell’omelia della messa esequiale di Papa Francesco. Nella Lettera Enciclica “Fratelli tutti”, ha rimarcato Re, “ha voluto far rinascere un’aspirazione mondiale alla fraternita’, perche’ tutti figli del medesimo Padre che sta nei cieli. Con forza ha spesso ricordato che apparteniamo tutti alla medesima famiglia umana”.
Riforma sinodale e stile umile
Il processo sinodale avviato da Francesco rappresenta l’attuazione più audace del Concilio: una Chiesa in ascolto, dove laici, donne e giovani collaborano alla pari con la gerarchia. Il suo testamento spirituale, con la scelta di una sepoltura semplice a Santa Maria Maggiore, sigilla l’immagine di un pastore che ha scelto la prossimità come stile, mostrandosi fragile e autentico fino alla fine.
L’eredità da tradurre
Il “sogno” di Francesco chiama a una conversione strutturale: politiche sociali ispirate alla civiltà dell’amore, Chiese locali che incarnino la sinodalità missionaria, un ecumenismo che superi le barriere. Come scriveva nella Dilexit nos, tutto parte dal cuore di Cristo che unisce cielo e terra.
La sua eredità più grande? Aver ricordato che Dio abita le periferie e che la Chiesa deve essere “un ospedale da campo” per l’umanità ferita. Un testamento che chiede di essere vissuto.