Tutto è partito dal capoluogo partenopeo, quando un giovanissimo Antonio Giordano, mentre guardava il suo Vesuvio dalla sua casa di Posillipo e mentre portava avanti con brillanti risultati gli studi scolastici e universitari, già sognava e immaginava il suo futuro, per coltivare la sua passione e dare risposte sul nostro corpo umano attraverso la scienza.
Non solo, il suo intento era anche quello di proseguire il cammino avviato dal padre Giovan Giacomo Giordano, professore di anatomia patologica all’Università di Napoli e direttore scientifico della Fondazione Pascale, l’Istituto dei tumori di Napoli. Fu lui a scoprire negli anni Ottanta i gravissimi danni derivati dall’esposizione alle fibre di amianto con malattie tumorali dell’apparato respiratorio.
Da questo esempio Antonio Giordano non si è mai allontanato ed oggi è presidente della Sbarro Health Research Organization e professore della Temple University di Philadelphia, negli Stati Uniti. È impegnato in prima linea nella ricerca e lotta al cancro ed cui ha già ottenuto importanti risultati, come la scoperta degli agenti antitumorali che potrebbero essere efficaci nel trattamento del mesotelioma, un cancro causato dall’esposizione prolungata all’amianto. Inoltre nel 2023 è stato celebrato con il “Premio Eccellenza Italiana” a Washington DC. Sono stati premiati 20 italiani che si sono distinti nel mondo per talento e passione, rappresentando l’eccellenza italiana in vari settori, tra cui l’ambito medico scientifico.
In una intervista realizzata dalla giornalista Valentina Tafuri sulla testata online Health Stories (https://healthstories.it/) Giordano ripercorre il suo passato e racconta:
“Il percorso che mi ha portato negli Stati Uniti è stato motivato dalla volontà di espandere i miei orizzonti accademici e scientifici. Dopo aver completato i miei studi in Italia, ho avuto l’opportunità di collaborare con alcuni centri di ricerca internazionali di grande prestigio e gli Stati Uniti erano, e sono tuttora, uno dei poli principali per la ricerca biomedica. Ho avuto la straordinaria opportunità di approdare a New York al Cold Spring Harbor Laboratory, uno dei centri di ricerca più prestigiosi al mondo, fondato da James Watson, premio Nobel per la scoperta della struttura del DNA. L’incontro e la collaborazione con Watson hanno rappresentato una svolta nella mia carriera scientifica. Napoli e l’Italia restano le mie radici, ma il contesto americano mi ha offerto strumenti e opportunità difficilmente reperibili altrove”.
Nelle altre domande dell’intervista Giordano analizza il ruolo dello scienziato tra presente e futuro, tra le responsabilità di oggi e l’intelligenza artificiale e le nuove tecnologie che ci aspettano domani
Cosa significa essere uno scienziato italiano negli USA?
Essere uno scienziato italiano negli Stati Uniti rappresenta una doppia responsabilità e un grande privilegio. L’Italia mi ha dato le basi qualitative dello studio, qualità fondamentali nel mondo competitivo della ricerca, aiutandomi a vedere i problemi scientifici da una prospettiva diversa e più creativa. Questo si combina bene con l’approccio alla scienza di tipo anglosassone, che viene incentivato e non rallentato come, a volte, può succedere in Italia.
Su cosa dovrebbe concentrarsi la ricerca scientifica in campo oncologico oggi?
Sicuramente abbiamo fatto grandi passi in avanti ma dobbiamo migliorare la comprensione dei meccanismi molecolari alla base dello sviluppo del cancro. Questo ci permetterebbe di sviluppare terapie più personalizzate ed efficaci. In secondo luogo, è fondamentale investire nella prevenzione e nella diagnosi precoce, sfruttando le nuove tecnologie disponibili, come la genomica e i biomarcatori. Infine, la collaborazione tra discipline diverse sarà essenziale per affrontare il cancro da diverse angolazioni.
Cosa ne pensa dell’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale? Avete già iniziato a usarla nel vostro campo?
L’Intelligenza Artificiale (IA) rappresenta una risorsa straordinaria per la ricerca scientifica e nel nostro campo abbiamo già iniziato a usarla. L’IA ci permette di analizzare quantità enormi di dati, che, altrimenti, sarebbe impossibile gestire. Ci consente anche di identificare pattern complessi che potrebbero sfuggire all’occhio umano. Con il mio team abbiamo esplorato l’utilizzo della realtà virtuale nel campo di alcune patologie, anche oncologiche. L’IA, se ben supportata da un team di esperti, può apportare grandi benefici in ambito biomedico.